I boschi che mi facevano ombra in tempi ormai lontani non ci sono
più. I
miei figli, nel corso di tanti secoli, un po'sconsideratamente, mi hanno in parte denudato. Ma, poverini, essi hanno avuto bisogno di legna per riscaldarsi e per costruire le loro case e di terra da coltivare. Questi miei figli di adesso sono senz'altro più coscienti, ma è anche vero che essi innalzano le loro case col cemento e le riscaldano col gasolio: non hanno più motivo di maltrattarmi.

Boschetti di querce, le mie piante più caratteristiche e che si moltiplicano spontaneamente, punteggiano qua e là il mio corpo, come piccoli, vezzosi nei.

La speranza di ricoprirmi di una folta vegetazione è riposta nella cura intensiva che, ad iniziare dalla fine degli anni sessanta, il Consorzio di bonifica dell'Ufita, prima, e la Comunità Montana, dopo, mi hanno praticato. Molte zone, che erano prive di piante ed adibite a pascolo, sono ora fittamente ricoperte di conifere, gli alberi più usati per il rimboschimento.

In contrada Lame Cimino, sul versante che si affaccia su Ginestra degli Schiavoni, pini, abeti e cipressi arizonici, dànno vita ad un bosco vastissimo, là dove c'era un terreno franoso, che scivolava pian piano verso il Canale Santoiuorio.

Anche la mia testa, il Monte Calvello, è stata sottoposta ad un "trapianto" che già comincia a dare i suoi frutti, perché, sulla nuca, in località Pagliarone e Fontana Fredda, crescono con rapidità abeti, pini ed ontani. Presto l'appellativo di Calvello non sarà più adatto e bisognerà sostituirlo.

Un'altra zona in cui l'intervento della Forestale non solo ha prodotto un esteso bosco, con una grande varietà di piante, pini, abeti, ontani, querce, olmi, frassini, larici e robinie, ma anche la costruzione di strade e la regolazione delle acque meteoriche, è quella che comprende le contrade Piano delle Rose, Schiavone, Toppe Jago Resce e Piano Nicola.

Un altro splendido ed ampio bosco è sorto in località Spineto, lungo il confine con Buonalbergo. Qui sono stati piantati pini, cipressi, abeti e querce.

Tutti questi boschi si trovano a Nord e a Nord-Ovest dell'abitato e svolgono un'importantissima funzione in difesa del suolo.

Proprio per fermare il lungo filone di argilla che inizia da Difesa della Terra e avanza fino al Torrente della Ginestra, sono stati piantati, nei pressi della Fontana San Giacomo, numerosissimi pini (neri, rossi, marini), ontani, abeti, cipressi, cedri, robinie, aceri e querce.

Se i piromani non interverranno e le processionarie non provocheranno la morte dei pini, fra qualche anno potrò vantarmi di possedere i migliori boschi di tutto il circondario, da fare invidia a quello, ora tanto famoso, di Castelfranco.

A penetrarmi con le loro radici e a succhiarmi la linfa vitale vi sono anche molti pioppi, che sventolano le loro foglie irrequiete vicino alle sorgenti e ai corsi d'acqua, olmi, decimati negli ultimi anni da una malattia, aceri e salici, i cui rami, per la loro flessibilità, sono usati come legacci e per realizzare cesti e "spase".

La vegetazione spontanea è tipicamente mediterranea, con la prevalenza della "lenta” ginestra, usata per farne scope e fascine per bruciare le setole dei maiali; del rovo, che offre d'estate invitanti more lungo tutte le siepi, del natalizio pungitopo, dalle bacche rosse; del pruno, con le sue spine acuminate; del mirtillo, che dà frutti di colore nero-bluastro; del primaverile biancospino.

Abbastanza diffuse sono anche le piante aromatiche, alloro, origano, rosmarino e le erbe officinali, quali la borragine, la menta, la malva, l'ortica, la salvia, la rucola, la liquirizia e la camomilla.

Una volta offrivo frutta a volontà, poi, con l'arrivo dei trattori e dei fruttivendoli, molti alberi sono stati sradicati, perché costituivano un ostacolo o erano ritenuti ormai inutili. Gli alberi prima più diffusi erano quelli che davano frutti che potevano essere conservati e consumati durante l'inverno. Ora tra le piante da frutto sono rimasti abbastanza numerosi i meli, i peri, i fichi, i noci, i mandorli, i ciliegi e i prugni. Non molti sono, invece, gli esemplari superstiti di gelsi, che come lari pomestici proteggevano gli ingressi delle masserie, di cachi, di peschi, di noccioli, di nespoli e di susini. Più rari sono i sorbi, i castagni, i melograni e i cotogni.

                                                Vigneti ed uliveti di piccole dimensioni sono disseminati un po' su tutto il mio territorio, ma, nonostante l'incremento di queste colture avvenuto da qualche anno, la produzione locale di vino e di olio è ancora insufficiente per il consumo interno.

Il verde abbonda nel mio centro abitato. Filari di ligustri fiancheggiano i viali ed alcuni giardinetti con aghifoglie, robinie, magnolie ed altre piante aggiungono leggiadria al mio aspetto.

Il mio suolo, inoltre, è prodigo di erbe commestibili, soprattutto cicorie, "cardilli" e "maraciuoli", assai ricercate per il loro sapore e per le loro qualità, di asparagi tenerissimi e di funghi di tutte le specie, da "cardarielli", i più apprezzati, ai porcini, dalle famigliole ai prataioli, che sono, però, monopolio di pochi accaniti e specializzati ricercatori.