Autobiografia Album fotografico

 

Vista da...
   

 Il mio compito non è stato soltanto quello di rendere sicuro il viaggio sul tratturo agli animali e ai pastori, ma anche ai sovrani e ai nobili di ogni tipo.

Federico II, per esempio, andava e veniva dalla Puglia, per combattere, ma soprattutto per dare sfogo alla sua più grande passione: la caccia con il falcone. L'ammirazione che leggevo negli occhi del grande imperatore quando il suo sguardo si posava su di me  mi ha procurato la più intensa emozione di tutta la mia vita.

Ero piccola quando mi volteggiavano intorno  i suoi falchi ammaestrati.

Oggi non ci sono più uccelli rapaci a farmi compagnia, ma uno stuolo di taccole, alle quali offro un sicuro rifugio diurno e notturno. Il loro "cià...cià" a volte mi infastidisce, ma le loro ombre fugaci, che sfiorano il mio viso come una dolce carezza, me le rendono care amiche leali.

Quando Federico II morì nel 1250, qui vicino, quasi a un tiro di balestra da Casalbore, io lo seppi subito, perché il cielo si riempì di segnali: bagliori di luce erano diffusi da tutti i posti di guardia.
Le gocce di pioggia che mi bagnarono quella sera sostituirono le lacrime che non mi fu possibile versare.

Poi conobbi la guerra vera.

Carlo I d' Angiò venne dalla Francia qui per affrontare Manfredi. Vidi passare soldati dell'uno e dell'altro esercito e ancora non dimentico il tumulto dello scontro finale che si svolse a Benevento.

Vissi, dopo, anni abbastanza tranquilli:   accoglievo i sovrani angioini colmandoli di doni (galline, uova, cacio, pane, orzo), ospitavo uomini armati al servizio del signore di turno (Shabran, Sforza), e assicuravo la protezione ai miei  cari Casalboresi.

Con i sovrani aragonesi, che mi sottrassero agli angioini nella prima metà del XV secolo,  ebbi rapporti non sempre cordiali, perché il signore che mi governava, membro della famiglia Guevara, partecipò ad una congiura contro il re.

 

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