I miti e le stelle            HOME

Orione  

 

 

 

 

 

 

 


Il mito di Orione

Cane maggiore

Cane minore

Toro

Pleiadi

Costellazione boreale e australe insieme perché la sua figura gigantesca è tagliata dall'equatore celeste, quindi si può ammirare da entrambi gli emisferi. Domina nel cielo invernale, tra la costellazione del Toro e quella dei Gemelli.  E' accompagnata da altre due costellazioni più piccole, il Cane maggiore e il Cane minore. Nel Cane maggiore, Lelapo, luccica con i suoi riflessi azzurrognoli Sirio, la stella più luminosa di tutte; nel Cane minore, Maera, risplende un'altra stella di prima grandezza, chiamata Procione. La parte più appariscente di Orione è costituita dalla "cintura", tre stelle di seconda grandezza allineate ad uguale distanza, a cui è legata la "spada", altre tre stelle, anch'esse allineate, ma  molto meno luminose. Gli antichi Egizi si attennero alla posizione delle stelle della cintura per allineare le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino. Le stelle più lucenti della costellazione sono, però, altre due: Betelgeuse e Rigel. Betelgeuse, stella di prima grandezza, è di colore rosso e segna la spalla destra del gigante. Rigel, anch'essa di prima grandezza, la settima fra tutte, ha un colore azzurrognolo e indica il piede sinistro.

Per gli antichi la costellazione raffigurava il cacciatore Orione.

Orione era probabilmente figlio di Poseidone e di Euriale. Fu allevato da Oineo, che lo accecò quando il giovane ingrato tentò di approfittare della moglie. Orione riacquistò la vista salendo sulle spalle di Chedalione e ponendosi, grazie alla sua enorme altezza, proprio di faccia al sole nascente. Cominciò da allora a vagare per monti e valli stanando, inseguendo e uccidendo animali di ogni tipo. Per cinque anni, però, non furono le belve ad attrarlo, ma le Pleiadi, splendide figlie di Atlante. Esse riuscirono a sfuggirgli soltanto grazie all'intervento di Zeus, che le trasformò in stelle. Del bellissimo e gigantesco cacciatore notturno si innamorò Eos, l'Aurora, che lo portò con sé nell'isola di Delo. Orione di notte abbandonava furtivamente il talamo nuziale per sfogare la sua passione per la caccia, ma Eos al mattino distendeva le rosee braccia e lo riportava amorevolmente nei silenziosi giardini della sua isola.

A dare la morte ad Orione fu, direttamente o indirettamente, Artemide, la dea lunare e abile cacciatrice. Fra i due ci fu amore o invidia?  Artemide lo uccise perché gelosa di Eos o perché invidiosa della sua arte venatoria?  O lo fece pungere da uno scorpione per proteggere la sua castità? Nessuno può dirlo con certezza. L'unica cosa certa è che soltanto lo splendore della luna piena può fare scomparire la lucentezza delle stelle di Orione.