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LA BANDIERA

I

l gioco della bandiera trasformava i ragazzi in eroici combattenti di una patria immaginaria.

In effetti la bandiera, per il cui possesso tanto si lottava, altro non era che un fazzoletto poggiato a terra su una linea che divideva il campo prescelto per la battaglia in due parti uguali.

Si formavano due squadre con lo stesso numero di giocatori. Essi si disponevano l’uno accanto all’altro sulle due linee opposte che delimitavano il campo di gioco. Ad ogni combattente di ciascuna squadra veniva assegnato un numero. Per lo svolgimento del gioco era necessaria la presenza di un altro ragazzo, che svolgeva due funzioni: chiamava i numeri, cioè i giocatori destinati di volta in volta a scontrarsi, e, come un vero arbitro, dirimeva gli immancabili contrasti che si generavano durante la gara.

Quando l’arbitro chiamava un numero, due ragazzi, uno di una squadra uno dell’altra, contrassegnati da quel numero, dovevano raggiungere di corsa la linea centrale, impadronirsi della bandiera e ritornare indenni, cioè senza essere toccati dall’avversario, nello spazio riservato alla propria squadra.

Potrebbe sembrare un gioco basato sulla velocità dei gareggianti, ma non era così. Contava molto di più la furbizia. Di solito,infatti, vinceva chi riusciva ad ingannare l’avversario con una serie di finte, in modo da fargli attraversare la linea centrale oppure da coglierlo di sorpresa e riconquistare senza problemi il proprio posto tenendo alta con orgoglio la bandiera sottratta al nemico.